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sabato 24 settembre 2011

I prof che bloggano e la scuola della Mastrocola

A settembre nella blogosfera i post che discutono di scuola si moltiplicano. Tutti i professori  (anche io), nella loro veste di blogger, non mancano di commentare ogni giorno gli episodi scolastici che vivono e sono narrazioni piene di humour, tenerezza, coscienza professionale.
Mettono in campo capacità straordinarie di comprensione del  loro ruolo e di quello dei loro studenti, delle molteplici difficoltà del fare scuola come pure dei tanti arricchimenti di pensiero, di comportamento e di sensibilità che il contatto quotidiano con i ragazzi assicura.
Nessuno di loro, nonostante il rischio della frustrazione connesso a una professione attualmente assai poco riconosciuta socialmente, rinuncerebbe mai. Nessuno pensa di abbandonare la nave-scuola al suo destino, segnato negativamente dagli ultimi tagli ai finanziamenti.
Mi stupisce, però, ciò che mi sembra circolare  con sempre maggiore intensità in questi post sulla scuola
( potrei linkarne molti,  ma ho poco tempo stasera) e cioè: la sottolineatura della fatica richiesta agli studenti per lo studio e l'apprendimento; la richiesta agli studenti di gesti, comportamenti e azioni che siano rigorosi, educati, composti con la messa al bando dello sbrago e della confidenzialità opportunistica e improduttiva ai fini di un rapporto serio studenti-prof. E, ancora: il valore attribuito agli studi classici, alle materie tradizionalmente formative.
Insomma, al posto delle famigerate tre I della scuola morattiana, i prof. blogger propongono le tre S: studio, sudore, saperi.
Considerando quanto sia stata oggetto di critiche, polemiche e accuse di passatismo, Paola Mastrocola, che nei suoi libri sulla scuola ha fortemente espresso ostilità nei confronti dell'assetto attuale della scuola italiana ( ormai decennale, per la precisione) con le sue metodologie "innovative" e la profusione di progetti, mi chiedo se non sia il caso di ripensare alla scuola e a chi se ne occupa con sguardo sereno, alieno da pregiudizi di sorta e finalmente sottratto a logiche di parte. Con la scuola si parla di futuro, e che diamine!

venerdì 16 settembre 2011

La scuola inizia

4 giorni di scuola, in ritardo di due giornate causa problema idrico in  città. Si entra e non si ritrovano più volti noti. Sono quelli della quinta dell'anno precedente, che volano altrove, alle prese con test di ammissione, ridimensionamento delle aspettative, delusioni, oppure conferme belle di quanto progettato.Non ci sono più. Al loro posto una nuova quinta, nuove o vecchie classi intermedie, nuove prime. Tocca sdoppiarsi ed anche triplicarsi. Ogni classe ha diritto a un trattamento congruo rispetto all'età, ai livelli di profitto, ai programmi da svolgere.A me fanno tenerezza tutti, anche quelli, ormai scafati, che sembrano agire a scuola come se fossero a casa propria. Fanno i grandi con quelli del primo, si spostano di aula e ti vengono a cercare se hanno un supplente deputato a coprire l'ora del titolare della cattedra che è assente ( dopo un'intera estate).
Quelli delle prime classi li guardano timorosi e invidiosi, non sanno ancora, non hanno familiarità con i docenti, non sanno cosa aspettarsi. Dicono addio alle medie, ma ondeggiano tra la nostalgia del già conosciuto e la paura del nuovo.Si scrutano tra loro con sospetto, ma in fondo sono già "gruppo" e se la burocrazia ha deciso per loro, loro non si piegano ad essa e presto sceglieranno compagni di avventura, di confidenze, di speranze.
A scuola, con le prime classi, ho sempre pensato (e praticato) che il metodo ( che brutta parola!) migliore per avviare il percorso lungo otto mesi, sia quello di fare emergere, conoscere e rispettare, fin da subito, le peculiarità individuali.Come prof. sento il dovere di partire da chi sono quelli che ho davanti. Vengono prima loro del programma da svolgere.Intendiamoci: quel che devo insegnare loro è importante e imprescindibile, ma sento che devo portarli ad accettare tali contenuti, devo irretirli, in un certo senso. Devo catturare la oloro attenzione, motivarli e portarli lì dove l'inizio del programma diventa inesorabile. E' l'atteggiamento con il quale ci arrivano che è importante. Di apertura o chiusura. Tocca a me, nei primi giorni di scuola, favorire l'apertura ad essi. Non è facile per niente. Sono io lì, mi gioco me stessa, quanto a credibilità, carisma, simpatia, competenza.
Gli  studenti delle prime ti guardano e ti soppesano, ogni lezione fanno la tara, ti aspettano al varco, devono decidere cosa fare anche in base a te. Studiare sì, ma quanto, fino a che punto, con quale stato d'animo?
Ogni volta che inizia un anno scolastico, m'interrogo su come presentarmi e presentare le mie materie: soft, rigida, tollerante, possibilista, severa e algida, comprensiva e amichevole. Non c'è una ricetta valida per tutte le classi. Diversificarsi, rimanendo fermi su alcuni punti e sui saperi necessari, è un gioco di equilibrio che costa fatica e tanta energia psichica. Noi insegnanti abbiamo tanti figli, molti di più di una famiglia anche numerosa. Anche il lavoro è moltiplicato, anche se la società non ce lo riconosce.
Ma gli sguardi dei "primini", carichi di attese, paure e speranze dà senso al lavoro da fare.

lunedì 12 settembre 2011

L' 11 settembre di molti anni

11 settembre 1984: mio padre muore e non era vecchio. 66 anni, con le riforme in divenire non potrebbe neanche andare in pensione ora.
11 settembre 2001: sono a scuola, insieme alle colleghe, redigiamo un progetto o almeno ci proviamo. Fa caldo e la sala professori ha un lungo tavolo di fòrmica, brutto ma funzionale. Una notizia sul cellulare: qualcosa è successo in America, a New York! 
Finalmente a casa, vedo l'orrore, che mi tiene incollata alla tv fino a tardi.
Mi sembra impossibile, inaudito, gigantesco. Un Olocausto, anche se di proporzioni minori, ma che conta? Conta l'intenzione, anche qui.
11 settembre 2011 ( 11... doppio!): sono arrabbiata, delusa, inferocita.
Con il mio Dirigente e la sua cattiveria, con le inefficienze della scuola, con gli altri intorno che sono proni e rassegnati.
Sono arrabbiata per l'impotenza di ottenere giustizia, per la complicità di cui godono i prepotenti, gli incompetenti, i detentori di poteri  più o meno estesi.
E per gli indignados che in Italia sono sempre troppo pochi.
E il Paese va male e il Mondo è allo sfascio e le brutte notizie si accavallano e ti tramortiscono.
Cerchi conforto toccando la pelle di qualcuno che ti è caro, ma il qualcuno non ti rivolge parole consolanti, non intuisce, non sa, nemmeno vuole sapere. Tutto è lì, in quell'attimo, fuori non c'è niente, sembra dire.
Mi sento molto sola.

giovedì 8 settembre 2011

Le donne nella manovra del Governo

Un rapporto conflittuale da sempre quello tra le donne e la politica governativa. Anche ambiguo e contraddittorio, forse per la presenza di una Chiesa cattolica che pesa fortemente sui dati culturali e psicologici e che più coltiva il culto mariano e moltiplica le devozioni alle varie madonne, sante e e " illuminate", più sostiene uno Stato ferocemente ostile al femminile.
La manovra appena approvata in Senato innalza l'età delle pensioni delle donne a 65 anni anche nel settore privato, appellandosi al fatto che è  l'Europa a chiedercelo.
La giustificazione regge a stento, secondo me. L'Europa ci chiede da tempo tante riforme o applicazione di normative e noi puntualmente disattendiamo. Perché proprio questa allora va fatta? Io la vedo come una pessima misura, molto maschilista, perché le donne italiane che lavorano non possono contare, come negli altri paesi europei, di servizi sociali in grado di assicurare loro la possibilità di mettere su famiglia e, insieme, fare carriera e dedicarsi alla professione scelta con serenità.
Le donne italiane non hanno asili nidi a sufficienza, non hanno incentivi  anche economici alla procreazione, non hanno la conciliazione tra i tempi di lavoro e i tempi di vita. Le donne italiane sgobbano e basta. Sempre.
Hanno il lavoro di cura, soprattutto: dei figli, del marito, degli anziani genitori, dei nipotini.
Ora, il Governo mi può spiegare come faranno le donne che dovranno andare in pensione a 65 anni ad avere ancora le energie sufficienti per portare avanti tutti questi carichi di lavoro e di ansie? Se oggi le giovani coppie in cui entrambi  lavorano possono, bene o male, portare avanti la famiglia affidando spesso i bambini ai nonni( per la carenze di strutture per l'infanzia, appunto), un domani che faranno, senza più nonni liberi dal lavoro?
Non è una problematica sciocca, secondo me. Adeguiamoci all'Europa in tutto, prima di fare riforme che penalizzino le donne e che rendano la loro vita più incasinata di prima.  

domenica 4 settembre 2011

Nel pomeriggio di ieri...

...mi sono assentata dalla vita. Ho dormito fino a sera.
Troppe assenze. Ci credo che mi pare sempre di avere sprecato la mia vita e di non riuscire a concludere nulla di significativo e gratificante.

venerdì 2 settembre 2011

Inauguro una nuova etichetta per i post..."Piccoli passi verso la senilità"

Mia madre ha trascorso gli ultimi anni della sua vita immersa in una sorta di dolce senilità demente. Era diventata smemorata, proprio lei che aveva fatto della memoria una dote essenziale della sua vita quotidiana. I ricordi per lei erano preziosi e ce li ripeteva, instancabile, ogni qual volta succedeva un fatto che poteva collegare al passato, alle esperienze vissute, alle persone incontrate. Ricordava il matrimonio di una delle sue tante zie, avvenuto quando lei era piccolissima e descriveva la scena, i vestiti, gli addobbi, il succedersi delle azioni. Ricordava benissimo tutte le ricette dei piatti che cucinava con grande maestria. Rammentava il periodo della guerra, la fase in cui era sfollata con la famiglia per sfuggire ai bombardamenti della città e il ritorno faticoso alla normalità della pace, in cui l'attesa era concentrata sul giorno in cui mio padre avrebbe finalmente fatto ritorno dalla prigionia in America. A lei attingevano tutti per precisare un fatto del passato, ricollocare persone e comportamenti, ricostruire un puzzle organico della storia familiare.
Non c'è stato un giorno preciso in cui, alzandosi, ha acquisito lo status di "smemorata" o quello, ben più doloroso e definitivo, di demente. E' scivolata molto piano nel  "non ricordo, non so più, non riconosco...".
Piccoli dettagli hanno cominciato a mancare nei suoi comportamenti. Un fornello lasciato acceso troppo a lungo, una sconcertata reazione alla telefonata di un parente, una verdura nel piatto improvvisamente senza nome. Un irrigidirsi nelle abitudini. Un venir meno della cura di sé.
A lei ho pensato stamani, quando sono uscita per sbrigare una serie di commissioni.
Pulita, truccata, con i pochi gioielli che indosso di solito, mi sono precipitata in banca per sbrigare una pratica. Sono rimasta a lungo, seduta a una sedia e sfogliando il giornale appena acquistato, mentre l'impiegata compilava moduli al computer. Ho messo la solita marea di firme che la banca richiede per ogni operazione fuori dal semplice versare o prelevare e sono uscita alla luce di un sole bollente, contenta di avere concluso una delle faccende della mattinata. Ho percorso un tratto di strada e sono entrata in un tabacchino per il consueto acquisto del veleno di una tabagista. Una donna alta, bionda e magra era dietro di me. La guardavo e lei mi guardava. Che la conosca? mi son detta. Mentre ritiravo i pacchetti e pagavo, lei mi ha battuto delicatamente la spalla  per poi dirmi: " Scusi, ha la giacca al rovescio...".
Lì per lì non me la sono presa, anzi l'ho ringraziata caldamente più volte, ho riso e improntato il volto a un compiaciuto divertimento. Ho tolto e rimesso al diritto la giacca leggera e azzurra. Sono uscita senza imbarazzo.
Poi, in macchina, riflettevo. Colpa della miopia, colpa del buio della stanza in cui mi sono vestita, colpa del sole accecante che costringe a tenere giù le tapparelle, colpa degli occhiali da vicino che non sono perfetti a risolvere i miei problemi di vista...
Poi - appunto - ho ripensato a mia madre, ho fatto il conto dei miei anni e mi sono detta che forse quello di stamani è un piccolo dettaglio che mancava e, perciò, un anticipo di vecchiaia. Un piccolo passo verso la dimenticanza del mondo. 
Spero che il nuovo tag per i post  non si arricchisca troppo e troppo di frequente.

mercoledì 31 agosto 2011

Mi do al riciclo

Sono una dipendente pubblica.
Sto pagando il riscatto degli anni universitari.
Sono nel sistema misto retributivo-contributivo.
Sono donna.
Non sono berlusconiana.
Ho la residenza nel Sud d'Italia ( Italia?).
Ho ancora molti anni di lavoro da fare.
Invecchio, ma per lo Stato no.
Da anziana  arteriosclerotica  e vessata dalle manovre tremontiane rovinerò intere generazioni di studenti.
Quando andrò in pensione, dovrò attendere due anni per avere l'assegno.
Penso che, per allora, sarò già sotto una lapide.
Lo Stato risparmierà, oh sì...
Bastano queste ragioni per giustificare il fatto che oggi, invece di prepararmi per l'ennesimo collegio docenti d'inizio anno scolastico, io mi sia dedicata a riparare il sostegno allo scolapiatti del pensile della cucina e, soprattutto, che abbia scelto una bella attività di riciclo creativo?
Ho fatto un quadro con vecchie e inutilizzate cinture. 
Sono molto soddisfatta. Alla faccia del Governo.


ALCUNE ORE PIU' TARDI.....


L'intervento sulle pensioni è stato ritirato.
Prima piccolo moto di sollievo, poi sgomento: ma da quali dirigenti arruffoni, incompetenti e confusi siamo governati?
Spero che l'Europa li cacci al più presto. noi non abbiamo più le forze per affrontare tale sfascio e riprenderci!

lunedì 29 agosto 2011

Quale manovra?

L'unica manovra ancora possibile per questo governo è quella di fare marcia indietro fino a sprofondare nel dirupo nel quale stanno spingendo noi tutti a furia di  incompetenze ed errori, aggravati da un'oscena e cronicizzata malafede.



domenica 28 agosto 2011

La delusione per Irene

Ci hanno fatto impaurire per l'uragano Irene, come fosse l'anticipo della fine del mondo prevista per il dicembre del 2012. Ci hanno morbosamente orientati verso l'attesa di immagini catastrofiche. Oggi, poi, Irene, è diventata una semplice tempesta tropicale. Semplice per modo di dire ovviamente, visto che danni e vittime ci sono stati.
Irene è diventata come una di famiglia, femminilizzata e coccolata. Potenza dei media, alla cui esposizione siamo volentieri o no sottoposti. Valgono solo gli "eventi" ormai: giganteschi, imprevedibili, caciaroni e fantasmagorici.
Poi scopriamo che sono delle bufale e si sgonfiano come palloncini. Intanto dentro noi ha attecchito la pianta disturbante del morboso. E ci mettiamo a caccia di nuove e più sostanziose esperienze emotive, anche se virtuali.
Meglio se virtuali.

sabato 27 agosto 2011

Trasloco

Temporalia, cioè io, ha traslocato e ha trovato casa qui. Con un nuovo nome, anche.
Un esplicito omaggio sia a Fabrizio De Andrè sia al libro di Serena Dandini che sto leggendo proprio in questi giorni e che mi sta interessando molto.
Per ora la casa è vuota, piano piano mi abituerò a stare qui e mi porterò un po' di cose dietro. Con la speranza di trovarne di nuove che mi facciano compagnia.